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Dott. Marco Mura - Pedagogista, Educatore Professionale, Specialista in Pedagogia Clinica --- (Attività Professionali) - Percorsi educativi per minori con: difficoltà d'apprendimento (DSA); disagio sociale e/o relazionale; disabilità (progetti L.162/98; LR 20/97). - Creazione e conduzione di progetti educativi per adulti (L.162/98; LR 20/97) - Consulenza Pedagogica Sostegno alla Genitorialità, Parent Training - Consulenza educativa rivolta a professionisti del settore educativo Per informazioni: dott.marcomura@gmail.com

venerdì 31 agosto 2012

Il Progetto Educativo ai sensi della legge 162/98

Il Progetto Educativo ai sensi della legge 162/98  © ®

La legge n° 162/98 promuove interventi in favore di “persone con handicap in situazione di gravità” attraverso progetti di assistenza alla persona e progetti educativi. Con questo articolo proveremo a condurre una riflessione sull'utilizzo di questa opportunità per facilitare le persone nel raggiungimento di una vita indipendente.
Nelle situazioni in cui non è necessario promuovere un percorso educativo, viene stilato e condotto un progetto assistenziale volto a supplire l'autonomia carente del beneficiario della convenzione.
Purtroppo però in diversi casi i familiari o gli stessi aventi diritto richiedono un assistente al posto di un educatore professionale perché, grazie ad una tariffa più bassa, i primi potranno garantire una maggiore presenza nella vita di chi usufruisce della norma in oggetto. Una scelta che però va a discapito della persona quando questa necessita di un intervento volto ad incrementare il livello e la qualità di partecipazione alla vita sociale e alla cura del proprio sé.
Qual è la differenza tra un'assistenza ed un progetto educativo?
L'assistente non mira a sfruttare il potenziale inespresso dell'individuo; al contrario, l'educatore professionale ha come mandato e formazione accademica il dovere di “portare fuori” dalla persona tutte le risorse utili al suo cambiamento positivo e ad un cammino che porterà al raggiungimento della maggiore autonomia a lui possibile. Entrambe le figure professionali, quella dell'assistente e dell'educatore professionale, sono importanti e possono coesistere nel piano di intervento individualizzato, ma è necessario soffermarsi a capire in quali casi sia indicato ricorrere al primo piuttosto che al secondo o vice versa o, ancora, in quale percentuale utilizzare entrambe le professionalità.
Esistono situazioni in cui oggettivamente il destinatario dell'intervento ha bisogno di un operatore che si sostituisca a lui in attività di vario genere: in questo caso entra in gioco l'assistente.
Se, però, il desiderio dell'utente e dei familiari – confermato dalle effettive capacità e risorse individuali - è risvegliare e/o maturare abilità utili al raggiungimento di una maggiore autonomia allora è bene fare ricorso alla figura dell'educatore professionale.
A chi opera nel settore socio-sanitario sarà capitato di vedere progetti in cui viene assegnato un assistente per supplire alle incombenze della cura dello spazio di vita (attività domestiche,
genericamente intese) quando la situazione individuale non lo richiede. Spesso si tratta di scelte che possono far regredire l'individuo che perde “forza” a causa dell'assistenzialismo. Una persona con tendenza alla depressione o con tratti depressivi, se privata di un ruolo attivo, perde l'opportunità di reagire al disagio. Chi potrebbe apprendere abilità utili alla cura della propria persona e viene sollevato da questo importantissimo incarico per pigrizia del familiare o visione approssimativa delle necessità dell'altro (ad esempio, imparare a lavarsi e vestirsi autonomamente), proietta l'individuo verso un futuro di dipendenza, nonostante il possesso di capacità (queste dovranno essere valutate nella realizzazione del progetto educativo) per conquistare l'indipendenza a lui possibile.
L'educatore professionale deve essere laureato in Pedagogia o in Scienze dell'Educazione oppure
aver conseguito il Diploma Universitario di Educatore Professionale (DM 520/98). Invece
psicologi, sociologi o semplici diplomati, anche se in ambito sociale, non possono operare in qualità di educatore professionale.
Quali sono i passi da compiere per attivare un progetto assistenziale o educativo?
Per beneficiare della legge n° 162/98 è necessario il rilascio della certificazione medica ai sensi della legge n° 104/92 (in alcuni casi è sufficiente consegnare all'assistente sociale del proprio Comune la lettera che indica la data in cui è stata fissata la data per la visita medica al fine del rilascio della L. 104/92) che attesti la percentuale di invalidità, in stato di gravità. Ulteriori informazioni possono essere reperite presso il proprio Comune di residenza o la Circoscrizione di riferimento, mediante un appuntamento con un assistente sociale.
In base alle certificazioni mediche, questionari e calcoli sul reddito viene attribuito un punteggio, il quale, dopo l'invio della documentazione alla Regione, viene tradotto in finanziamento sulla base delle esigenze riscontrate.
L'attivazione ha durata annuale e decorre dall'inizio dell'anno solare e termina con la sua fine.
Superiamo gli aspetti tecnici e soffermiamoci sul potenziale insito nella norma.
L'opportunità di crescita che viene offerta con un progetto educativo (L. 162/98) è finalizzata al benessere psicofisico del beneficiario. L'educatore professionale, oltre a dedicare tempo all'intervento individualizzato, deve fornire anche consulenze educative alla famiglia e confrontarsi con tutti i professionisti coinvolti nella vita della persona in modo che ci sia una condivisione del metodo educativo utilizzato e un continuo scambio di informazioni circa l'andamento del processo di crescita.
Quali sono gli obiettivi che vengono perseguiti?
Ogni persona, anche se la diagnosi indica la medesima patologia, è diversa dalle altre. L'essere
umano presenta similarità e differenze individuali: questo ci rende soggetti unici ed irripetibili. Non possiamo parlare di programmi standardizzati o di progetti stilati sulla base di manuali diagnostici o su pregressi percorsi educativi. Per condurre la persona verso itinerari educativi validi è necessario “entrare in relazione” con essa, la famiglia, il tessuto sociale di riferimento e comprendere dove e come direzionare l'azione. Per evitare di costruire obiettivi ideali ma non reali è necessario passare per la conoscenza dell'altro: la persona è la bussola che orienta il cammino di crescita. In questo fondamentale processo sarà necessario anche non alimentare utopie su possibili sviluppi circa le abilità della persona. Spesso i genitori portano avanti richieste non realizzabili a causa di proiezioni che fanno sul proprio figlio, non riconoscendo limiti oggettivi o al contrario non vedendo il potenziale e le capacità presenti gettano la spugna preventivamente. Pertanto è indicato partecipare alle riunioni con i professionisti quando si viene convocati in modo da produrre riflessioni sul percorso educativo ed evitare atteggiamenti che, in un modo o nell'altro, potrebbero frenare la persona nella sua libera espressione.
Le attività condotte da un educatore professionale si concentrano sulle autonomie socio-relazionali, sul territorio, personali (lavarsi e vestirsi; mangiare), educazione al movimento, cura dello spazio di vita, comunicazione (da non intendersi solo come utilizzo della parola), integrazione e tutti gli aspetti che concorrono a migliorare la qualità della vita, l'indipendenza dalla famiglia e dagli operatori. Se una persona è in grado di partecipare anche solo marginalmente ad un'attività è dovere dell'educatore e della famiglia facilitare l'azione dell'educando piuttosto che negargli anche quel piccolissimo contributo utile alla sua crescita.
Educare non significare ammaestrare, ma facilitare l'essere umano a crescere sfruttando le proprie risorse. Scegliere con cura l'operatore - per professionalità e titolo di studio - è un atto dovuto verso chi deve affrontare il proprio cammino di crescita.



Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore Professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail: dott.marcomura@gmail.com

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