Il Progetto Educativo
ai sensi della legge 162/98 © ®
La legge n° 162/98 promuove interventi in favore di “persone con handicap in situazione di gravità” attraverso progetti di assistenza alla persona e progetti educativi. Con questo articolo proveremo a condurre una riflessione sull'utilizzo di questa opportunità per facilitare le persone nel raggiungimento di una vita indipendente.
Nelle situazioni in cui
non è necessario promuovere un percorso educativo, viene stilato e
condotto un progetto assistenziale volto a supplire l'autonomia
carente del beneficiario della convenzione.
Purtroppo però in diversi casi i familiari o gli stessi aventi diritto richiedono un assistente al posto di un educatore professionale perché, grazie ad una tariffa più bassa, i primi potranno garantire una maggiore presenza nella vita di chi usufruisce della norma in oggetto. Una scelta che però va a discapito della persona quando questa necessita di un intervento volto ad incrementare il livello e la qualità di partecipazione alla vita sociale e alla cura del proprio sé.
Purtroppo però in diversi casi i familiari o gli stessi aventi diritto richiedono un assistente al posto di un educatore professionale perché, grazie ad una tariffa più bassa, i primi potranno garantire una maggiore presenza nella vita di chi usufruisce della norma in oggetto. Una scelta che però va a discapito della persona quando questa necessita di un intervento volto ad incrementare il livello e la qualità di partecipazione alla vita sociale e alla cura del proprio sé.
Qual è la differenza tra
un'assistenza ed un progetto educativo?
L'assistente non mira a
sfruttare il potenziale inespresso dell'individuo; al contrario,
l'educatore professionale ha come mandato e formazione accademica il
dovere di “portare fuori” dalla persona tutte le risorse utili al
suo cambiamento positivo e ad un cammino che porterà al
raggiungimento della maggiore autonomia a lui possibile. Entrambe le
figure professionali, quella dell'assistente e dell'educatore
professionale, sono importanti e possono coesistere nel piano di
intervento individualizzato, ma è necessario soffermarsi a capire in
quali casi sia indicato ricorrere al primo piuttosto che al secondo o
vice versa o, ancora, in quale percentuale utilizzare entrambe le
professionalità.
Esistono situazioni in cui oggettivamente il destinatario dell'intervento ha bisogno di un operatore che si sostituisca a lui in attività di vario genere: in questo caso entra in gioco l'assistente.
Se, però, il desiderio dell'utente e dei familiari – confermato dalle effettive capacità e risorse individuali - è risvegliare e/o maturare abilità utili al raggiungimento di una maggiore autonomia allora è bene fare ricorso alla figura dell'educatore professionale.
Esistono situazioni in cui oggettivamente il destinatario dell'intervento ha bisogno di un operatore che si sostituisca a lui in attività di vario genere: in questo caso entra in gioco l'assistente.
Se, però, il desiderio dell'utente e dei familiari – confermato dalle effettive capacità e risorse individuali - è risvegliare e/o maturare abilità utili al raggiungimento di una maggiore autonomia allora è bene fare ricorso alla figura dell'educatore professionale.
A chi opera nel settore
socio-sanitario sarà capitato di vedere progetti in cui viene
assegnato un assistente per supplire alle incombenze della cura dello
spazio di vita (attività domestiche,
genericamente intese) quando la situazione individuale non lo richiede. Spesso si tratta di scelte che possono far regredire l'individuo che perde “forza” a causa dell'assistenzialismo. Una persona con tendenza alla depressione o con tratti depressivi, se privata di un ruolo attivo, perde l'opportunità di reagire al disagio. Chi potrebbe apprendere abilità utili alla cura della propria persona e viene sollevato da questo importantissimo incarico per pigrizia del familiare o visione approssimativa delle necessità dell'altro (ad esempio, imparare a lavarsi e vestirsi autonomamente), proietta l'individuo verso un futuro di dipendenza, nonostante il possesso di capacità (queste dovranno essere valutate nella realizzazione del progetto educativo) per conquistare l'indipendenza a lui possibile.
L'educatore professionale deve essere laureato in Pedagogia o in Scienze dell'Educazione oppure
aver conseguito il Diploma Universitario di Educatore Professionale (DM 520/98). Invece
psicologi, sociologi o semplici diplomati, anche se in ambito sociale, non possono operare in qualità di educatore professionale.
genericamente intese) quando la situazione individuale non lo richiede. Spesso si tratta di scelte che possono far regredire l'individuo che perde “forza” a causa dell'assistenzialismo. Una persona con tendenza alla depressione o con tratti depressivi, se privata di un ruolo attivo, perde l'opportunità di reagire al disagio. Chi potrebbe apprendere abilità utili alla cura della propria persona e viene sollevato da questo importantissimo incarico per pigrizia del familiare o visione approssimativa delle necessità dell'altro (ad esempio, imparare a lavarsi e vestirsi autonomamente), proietta l'individuo verso un futuro di dipendenza, nonostante il possesso di capacità (queste dovranno essere valutate nella realizzazione del progetto educativo) per conquistare l'indipendenza a lui possibile.
L'educatore professionale deve essere laureato in Pedagogia o in Scienze dell'Educazione oppure
aver conseguito il Diploma Universitario di Educatore Professionale (DM 520/98). Invece
psicologi, sociologi o semplici diplomati, anche se in ambito sociale, non possono operare in qualità di educatore professionale.
Quali sono i passi da
compiere per attivare un progetto assistenziale o educativo?
Per beneficiare della legge n° 162/98 è necessario il rilascio della certificazione medica ai sensi della legge n° 104/92 (in alcuni casi è sufficiente consegnare all'assistente sociale del proprio Comune la lettera che indica la data in cui è stata fissata la data per la visita medica al fine del rilascio della L. 104/92) che attesti la percentuale di invalidità, in stato di gravità. Ulteriori informazioni possono essere reperite presso il proprio Comune di residenza o la Circoscrizione di riferimento, mediante un appuntamento con un assistente sociale.
Per beneficiare della legge n° 162/98 è necessario il rilascio della certificazione medica ai sensi della legge n° 104/92 (in alcuni casi è sufficiente consegnare all'assistente sociale del proprio Comune la lettera che indica la data in cui è stata fissata la data per la visita medica al fine del rilascio della L. 104/92) che attesti la percentuale di invalidità, in stato di gravità. Ulteriori informazioni possono essere reperite presso il proprio Comune di residenza o la Circoscrizione di riferimento, mediante un appuntamento con un assistente sociale.
In base alle
certificazioni mediche, questionari e calcoli sul reddito viene
attribuito un punteggio, il quale, dopo l'invio della documentazione
alla Regione, viene tradotto in finanziamento sulla base delle
esigenze riscontrate.
L'attivazione ha durata
annuale e decorre dall'inizio dell'anno solare e termina con la sua
fine.
Superiamo gli aspetti tecnici e soffermiamoci sul potenziale insito nella norma.
L'opportunità di crescita che viene offerta con un progetto educativo (L. 162/98) è finalizzata al benessere psicofisico del beneficiario. L'educatore professionale, oltre a dedicare tempo all'intervento individualizzato, deve fornire anche consulenze educative alla famiglia e confrontarsi con tutti i professionisti coinvolti nella vita della persona in modo che ci sia una condivisione del metodo educativo utilizzato e un continuo scambio di informazioni circa l'andamento del processo di crescita.
Superiamo gli aspetti tecnici e soffermiamoci sul potenziale insito nella norma.
L'opportunità di crescita che viene offerta con un progetto educativo (L. 162/98) è finalizzata al benessere psicofisico del beneficiario. L'educatore professionale, oltre a dedicare tempo all'intervento individualizzato, deve fornire anche consulenze educative alla famiglia e confrontarsi con tutti i professionisti coinvolti nella vita della persona in modo che ci sia una condivisione del metodo educativo utilizzato e un continuo scambio di informazioni circa l'andamento del processo di crescita.
Quali sono gli obiettivi
che vengono perseguiti?
Ogni persona, anche se la
diagnosi indica la medesima patologia, è diversa dalle altre.
L'essere
umano presenta similarità e differenze individuali: questo ci rende soggetti unici ed irripetibili. Non possiamo parlare di programmi standardizzati o di progetti stilati sulla base di manuali diagnostici o su pregressi percorsi educativi. Per condurre la persona verso itinerari educativi validi è necessario “entrare in relazione” con essa, la famiglia, il tessuto sociale di riferimento e comprendere dove e come direzionare l'azione. Per evitare di costruire obiettivi ideali ma non reali è necessario passare per la conoscenza dell'altro: la persona è la bussola che orienta il cammino di crescita. In questo fondamentale processo sarà necessario anche non alimentare utopie su possibili sviluppi circa le abilità della persona. Spesso i genitori portano avanti richieste non realizzabili a causa di proiezioni che fanno sul proprio figlio, non riconoscendo limiti oggettivi o al contrario non vedendo il potenziale e le capacità presenti gettano la spugna preventivamente. Pertanto è indicato partecipare alle riunioni con i professionisti quando si viene convocati in modo da produrre riflessioni sul percorso educativo ed evitare atteggiamenti che, in un modo o nell'altro, potrebbero frenare la persona nella sua libera espressione.
umano presenta similarità e differenze individuali: questo ci rende soggetti unici ed irripetibili. Non possiamo parlare di programmi standardizzati o di progetti stilati sulla base di manuali diagnostici o su pregressi percorsi educativi. Per condurre la persona verso itinerari educativi validi è necessario “entrare in relazione” con essa, la famiglia, il tessuto sociale di riferimento e comprendere dove e come direzionare l'azione. Per evitare di costruire obiettivi ideali ma non reali è necessario passare per la conoscenza dell'altro: la persona è la bussola che orienta il cammino di crescita. In questo fondamentale processo sarà necessario anche non alimentare utopie su possibili sviluppi circa le abilità della persona. Spesso i genitori portano avanti richieste non realizzabili a causa di proiezioni che fanno sul proprio figlio, non riconoscendo limiti oggettivi o al contrario non vedendo il potenziale e le capacità presenti gettano la spugna preventivamente. Pertanto è indicato partecipare alle riunioni con i professionisti quando si viene convocati in modo da produrre riflessioni sul percorso educativo ed evitare atteggiamenti che, in un modo o nell'altro, potrebbero frenare la persona nella sua libera espressione.
Le attività condotte da
un educatore professionale si concentrano sulle autonomie
socio-relazionali, sul territorio, personali (lavarsi e vestirsi;
mangiare), educazione al movimento, cura dello spazio di vita,
comunicazione (da non intendersi solo come utilizzo della parola),
integrazione e tutti gli aspetti che concorrono a migliorare la
qualità della vita, l'indipendenza dalla famiglia e dagli operatori.
Se una persona è in grado di partecipare anche solo marginalmente ad
un'attività è dovere dell'educatore e della famiglia facilitare
l'azione dell'educando piuttosto che negargli anche quel piccolissimo
contributo utile alla sua crescita.
Educare non significare
ammaestrare, ma facilitare l'essere umano a crescere sfruttando le
proprie risorse. Scegliere con cura l'operatore - per professionalità
e titolo di studio - è un atto dovuto verso chi deve affrontare il
proprio cammino di crescita.
Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore Professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail: dott.marcomura@gmail.com
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