Adozioni
incolore: scegliamo con il cuore © ®
Desiderare
con tutte le forze un figlio, qualcuno da amare incondizionatamente,
sentirlo parte di noi anche se non ci appartiene (non si può
possedere una persona: non sarebbe amore). Le coppie che non possono
avere figli possono ricorrere all'adozione. Riflettendo sul senso di
maternità e di paternità incontriamo anche il discorso incentrato
sul bambino ideale, quello che vorremmo rispecchiasse i nostri sogni.
Il progetto-figlio: fisicamente perfetto, intelligente, brillante,
con una carriera invidiabile. Quando si tratta della prole, siamo
spesso portati a progettare sull'altro, a costruire un'immagine
idealizzata di un essere vivente che vorremmo corrispondesse al
nostro disegno. Se determinati parametri non dovessero rispecchiare
il desiderio genitoriale, quale dovrebbe essere la soluzione? Spedire
indietro al mittente il bambino? Questo discorso apre il dibattito
nato in merito alla richiesta di adozione internazionale che
vedeva discriminati bambini e bambine con un colore delle pelle e per
aspetti legati alla salute psicofisica del piccolo.
Il
figlio che vogliamo abbracciare, di cui ci prenderemo cura, che
desideriamo coroni i suoi sogni, deve necessariamente essere bello,
con determinati tratti somatici, simpatico, intelligente? E' questa
la conditio sine qua non
che genera l'amore in un padre e in una madre? Deve obbligatoriamente
rimandare con il suo aspetto ad un possibile collegamente genetico
con i propri genitori? La paura di adottare un bimbo con
caratteristiche fisiche palesemente diverse dalle nostre è forse
legata all'impossibilità di nascondere l'assenza di un legame
biologico con la famiglia accogliente?
L'interrogazione su questo delicato tema è quanto mai d'obbligo
soprattutto dopo che l’AiBi (Amici dei Bambini) ha recentemente
contestato il riconoscimento dell’idoneità all’adozione
internazionale ad una coppia italiana che aveva chiaramente espresso
la non disponibilità ad accogliere bambini di pelle scura o diversa
da quella tipica europea o con ritardo evolutivo. Purtroppo questa
coppia ha avuto il benestare dal Tribunale dei minorenni di Catania,
venendo meno al rispetto dei bambini che si trovano al di fuori di
una famiglia e calpestando gli alti volori della nostra Costituzione,
negando il principio di uguaglianza e, allo stesso tempo,
l'autenticità dell'amore che guida chi desidera con tutto se stesso
un bambino da amare infinitamente. Fortunatamente ad evitare –
almeno in parte – il ripetersi di simili situazioni giuridiche,
culturali e sociali, ci ha pensato la Suprema Corte, con la sentenza
13332 delle sezioni unite civili, stabilendo che «il decreto di
idoneità all'adozione pronunciato dal Tribunale per i minorenni non
può essere emesso sulla base di riferimenti alla etnia dei minori
adottandi, nè può contenere indicazioni relative a tale etnia».
«Ove tali discriminazioni siano espresse dalla coppia di
richiedenti, esse vanno apprezzate dal giudice di merito nel quadro
della valutazione della idoneità degli stessi alla adozione
internazionale». Una decisione destinata a fare giurisprudenza.
L'idoneità all'adozione deve essere totale e non pariziale, limitata
da pregiudizi. Purtroppo l'ostacolo per l'etnia è ancora agirabile,
in quanto una coppia potrebbe dichiararsi disponibile ad accogliere
un bambino senza avanzare pretese etniche, ma una volta ottenuta
l’idoneità potrebbe rivolgersi a qualche ente autorizzato, ad
esempio nell’Est europeo, per evitare "un'adozione di diverso
colore". Dal punto di vista legislativo, il passo successivo
dovrebbe quindi impedire alle coppie l'opzione di scelta in merito
all'etnia del figlio da adottare.
E
per
quanto riguarda il ritardo evolutivo? Si potrebbe obiettare
sostenendo che alcuni ricorrono all'aborto terapeutico, si affidano
agli iter diagnostici per scoprire la percentuale di possibilità, ad
esempio, nel metter al mondo un figlio con trisomia 21 (sindrome di
down) e che conseguentemente la non disponbilità della coppia
catanese per l'adozione di un bambino con ritardo evolutivo sia
lecita quanto il desiderio di interruzione volontaria della
gravidanza da parte dei genitori biologici. Ma come porci davanti ad
interrogativi che fanno capo a malattie che possono generarsi nel
corso della vita come quelle che rientrano nell'ambito del disagio
psichico (pensiamo alla schizofrenia, al disturbo bipolare, alla
depressione maggiore)? E cosa dire del disagio sociale, con annesse
forme di devianza e di dipendenza? La coppia che ha sollevato
l'indignazione nell'AiBi ha posto delle condizioni che negano il loro
amore a persone che presentano una pigmentazione non riconducibile a
quella tipicamente europea ed uno stato di salute psicofisico
compromesso. L'ignoranza di queste persone reca con sè un problema
di non poco conto. Sappiamo, ad esempio, che l'autismo può essere
diagnosticato solo nei primi anni di vita, dopo che
dall'osservazione, in partcolar modo nella relazione con l'altro,
iniziano a potersi desumenre segnali che possono essere ricondotti
allo spettro autistico. Dal momento che questa coppia si è detta
disponibile ad accogliere bambini di ambo i sessi in una fasca d'età
che va dai zero a cinque anni, viene spontaneo domandarsi quali
conseguenze potrebbe generare la scoperta - dopo magari un anno - che
il poprio figlio presenta una forma di autismo. Citerebbero per danni
chi ha dato loro il figlio in adozione? Rimanderebbero al mittente il
bambino? Oppure continuerebbero ad amarlo?
Quando si adotta un bambino con la carnagione marcatamente differente
dalla propria i rischi d'essere indicati come genitori adottivi e non
biologici è enorme. Forse la coppia catanese presenta una pelle
olivastra, il colore degli occhi e dei capelli tipicamente
mediterranei che assolutamente non rispecchia – facciamo un'ipotesi
- la figlia adottata perchè bionda, con una pelle bianchissima, con
occhi celesti e con una fisionomia che di sicuro non indica alcun
legame biologico con mamma e papà! In questo caso nessuna
indecisione, nessuna richiesta (?). Non è stato chiesto di avere un
figlio con carateristiche somatiche riconducibili a quelle dei
genitori, per ingannare l'occhio, ma semplicemente un bambino che non
avesse la pelle diversa da quella tipicamente europea.
Chissà se queste persone potrebbero mai accettare di buon grado una
ragazza coreana come fidanzata del proprio figlio o un nipotino con
deficit cognitivo.
Cerchiamo una diversa motivazione che ci conduca ai parametri
indicati dalla coppia. Siamo davanti ad una forma di tutela del
figlio adottivo? Forse si tratta di un tentativo di protezione, in
quanto la nostra società ancora non pare pronta ad accogliere
persone diverse (e dire che siamo tutti diversi gli uni dagli altri!
Ma forse alcuni non hanno ancora capito questo concetto
fondamentale), per via del colore della pelle o dello stato di salute
psicofisico. E' forse la paura di un mondo condito con una buona dose
di discriminazione ad aver portato la coppia siciliana a non rendersi
disposta ad accogliere bambini con ritardo evolutivo o con dei
"particolari" colori della pelle? Prendiamo una piccola
pausa, riflettiamo e spostiamo la nostra attenzione verso il 23
maggio 2010, data in cui, a Roma, si è celebrata la Prima Giornata
Nazionale del Figlio, un'occasione per ricordare l'importanza che i
figli ricoprono nella vita dei genitori, il valore che hanno come
persone, esprimere solidarietà verso tutti i bambini senza famiglia
e così ribadire il diritto universale di essere figli.
Non siamo qui per giudicare ma per riflettere insieme su scelte e
percorsi di vita: questa è la strada migliore per capire il proprio
percorso di uomo, di donna e, in particolar modo, di genitore.
La
Cassazione ha chiaramente detto: «non è possibile esprimere
preferenze per determinate caratteristiche genetiche».
Rispetto e pari opportunità a tutte le persone.
Davanti
alla scelta d'avere un figlio non si può di certo ricorrere a
citazioni come de
gustibus non est disputandum
(non si possono giudicare i gusti) perchè stiamo parlando di esseri
umani – i bambini - e di idee che entrano in contrasto con il
desiderio autentico d'essere genitori.
Quando si parla di figli, scegliamo con il cuore. © ®
Dott.
Marco Mura
Pedagogista,
Educatore professionale
Specialista
in Pedagogia Clinica
e-mail
dott.marcomura@gmail.com
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