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Dott. Marco Mura - Pedagogista, Educatore Professionale, Specialista in Pedagogia Clinica --- (Attività Professionali) - Percorsi educativi per minori con: difficoltà d'apprendimento (DSA); disagio sociale e/o relazionale; disabilità (progetti L.162/98; LR 20/97). - Creazione e conduzione di progetti educativi per adulti (L.162/98; LR 20/97) - Consulenza Pedagogica Sostegno alla Genitorialità, Parent Training - Consulenza educativa rivolta a professionisti del settore educativo Per informazioni: dott.marcomura@gmail.com

martedì 7 agosto 2012

Adozioni incolore: scegliamo con il cuore



Adozioni incolore: scegliamo con il cuore © ®
Desiderare con tutte le forze un figlio, qualcuno da amare incondizionatamente, sentirlo parte di noi anche se non ci appartiene (non si può possedere una persona: non sarebbe amore). Le coppie che non possono avere figli possono ricorrere all'adozione. Riflettendo sul senso di maternità e di paternità incontriamo anche il discorso incentrato sul bambino ideale, quello che vorremmo rispecchiasse i nostri sogni. Il progetto-figlio: fisicamente perfetto, intelligente, brillante, con una carriera invidiabile. Quando si tratta della prole, siamo spesso portati a progettare sull'altro, a costruire un'immagine idealizzata di un essere vivente che vorremmo corrispondesse al nostro disegno. Se determinati parametri non dovessero rispecchiare il desiderio genitoriale, quale dovrebbe essere la soluzione? Spedire indietro al mittente il bambino? Questo discorso apre il dibattito nato in merito alla richiesta di adozione internazionale che vedeva discriminati bambini e bambine con un colore delle pelle e per aspetti legati alla salute psicofisica del piccolo.
Il figlio che vogliamo abbracciare, di cui ci prenderemo cura, che desideriamo coroni i suoi sogni, deve necessariamente essere bello, con determinati tratti somatici, simpatico, intelligente? E' questa la conditio sine qua non che genera l'amore in un padre e in una madre? Deve obbligatoriamente rimandare con il suo aspetto ad un possibile collegamente genetico con i propri genitori? La paura di adottare un bimbo con caratteristiche fisiche palesemente diverse dalle nostre è forse legata all'impossibilità di nascondere l'assenza di un legame biologico con la famiglia accogliente?
L'interrogazione su questo delicato tema è quanto mai d'obbligo soprattutto dopo che l’AiBi (Amici dei Bambini) ha recentemente contestato il riconoscimento dell’idoneità all’adozione internazionale ad una coppia italiana che aveva chiaramente espresso la non disponibilità ad accogliere bambini di pelle scura o diversa da quella tipica europea o con ritardo evolutivo. Purtroppo questa coppia ha avuto il benestare dal Tribunale dei minorenni di Catania, venendo meno al rispetto dei bambini che si trovano al di fuori di una famiglia e calpestando gli alti volori della nostra Costituzione, negando il principio di uguaglianza e, allo stesso tempo, l'autenticità dell'amore che guida chi desidera con tutto se stesso un bambino da amare infinitamente. Fortunatamente ad evitare – almeno in parte – il ripetersi di simili situazioni giuridiche, culturali e sociali, ci ha pensato la Suprema Corte, con la sentenza 13332 delle sezioni unite civili, stabilendo che «il decreto di idoneità all'adozione pronunciato dal Tribunale per i minorenni non può essere emesso sulla base di riferimenti alla etnia dei minori adottandi, nè può contenere indicazioni relative a tale etnia». «Ove tali discriminazioni siano espresse dalla coppia di richiedenti, esse vanno apprezzate dal giudice di merito nel quadro della valutazione della idoneità degli stessi alla adozione internazionale». Una decisione destinata a fare giurisprudenza. L'idoneità all'adozione deve essere totale e non pariziale, limitata da pregiudizi. Purtroppo l'ostacolo per l'etnia è ancora agirabile, in quanto una coppia potrebbe dichiararsi disponibile ad accogliere un bambino senza avanzare pretese etniche, ma una volta ottenuta l’idoneità potrebbe rivolgersi a qualche ente autorizzato, ad esempio nell’Est europeo, per evitare "un'adozione di diverso colore". Dal punto di vista legislativo, il passo successivo dovrebbe quindi impedire alle coppie l'opzione di scelta in merito all'etnia del figlio da adottare.
E per quanto riguarda il ritardo evolutivo? Si potrebbe obiettare sostenendo che alcuni ricorrono all'aborto terapeutico, si affidano agli iter diagnostici per scoprire la percentuale di possibilità, ad esempio, nel metter al mondo un figlio con trisomia 21 (sindrome di down) e che conseguentemente la non disponbilità della coppia catanese per l'adozione di un bambino con ritardo evolutivo sia lecita quanto il desiderio di interruzione volontaria della gravidanza da parte dei genitori biologici. Ma come porci davanti ad interrogativi che fanno capo a malattie che possono generarsi nel corso della vita come quelle che rientrano nell'ambito del disagio psichico (pensiamo alla schizofrenia, al disturbo bipolare, alla depressione maggiore)? E cosa dire del disagio sociale, con annesse forme di devianza e di dipendenza? La coppia che ha sollevato l'indignazione nell'AiBi ha posto delle condizioni che negano il loro amore a persone che presentano una pigmentazione non riconducibile a quella tipicamente europea ed uno stato di salute psicofisico compromesso. L'ignoranza di queste persone reca con sè un problema di non poco conto. Sappiamo, ad esempio, che l'autismo può essere diagnosticato solo nei primi anni di vita, dopo che dall'osservazione, in partcolar modo nella relazione con l'altro, iniziano a potersi desumenre segnali che possono essere ricondotti allo spettro autistico. Dal momento che questa coppia si è detta disponibile ad accogliere bambini di ambo i sessi in una fasca d'età che va dai zero a cinque anni, viene spontaneo domandarsi quali conseguenze potrebbe generare la scoperta - dopo magari un anno - che il poprio figlio presenta una forma di autismo. Citerebbero per danni chi ha dato loro il figlio in adozione? Rimanderebbero al mittente il bambino? Oppure continuerebbero ad amarlo?
Quando si adotta un bambino con la carnagione marcatamente differente dalla propria i rischi d'essere indicati come genitori adottivi e non biologici è enorme. Forse la coppia catanese presenta una pelle olivastra, il colore degli occhi e dei capelli tipicamente mediterranei che assolutamente non rispecchia – facciamo un'ipotesi - la figlia adottata perchè bionda, con una pelle bianchissima, con occhi celesti e con una fisionomia che di sicuro non indica alcun legame biologico con mamma e papà! In questo caso nessuna indecisione, nessuna richiesta (?). Non è stato chiesto di avere un figlio con carateristiche somatiche riconducibili a quelle dei genitori, per ingannare l'occhio, ma semplicemente un bambino che non avesse la pelle diversa da quella tipicamente europea.
Chissà se queste persone potrebbero mai accettare di buon grado una ragazza coreana come fidanzata del proprio figlio o un nipotino con deficit cognitivo.
Cerchiamo una diversa motivazione che ci conduca ai parametri indicati dalla coppia. Siamo davanti ad una forma di tutela del figlio adottivo? Forse si tratta di un tentativo di protezione, in quanto la nostra società ancora non pare pronta ad accogliere persone diverse (e dire che siamo tutti diversi gli uni dagli altri! Ma forse alcuni non hanno ancora capito questo concetto fondamentale), per via del colore della pelle o dello stato di salute psicofisico. E' forse la paura di un mondo condito con una buona dose di discriminazione ad aver portato la coppia siciliana a non rendersi disposta ad accogliere bambini con ritardo evolutivo o con dei "particolari" colori della pelle? Prendiamo una piccola pausa, riflettiamo e spostiamo la nostra attenzione verso il 23 maggio 2010, data in cui, a Roma, si è celebrata la Prima Giornata Nazionale del Figlio, un'occasione per ricordare l'importanza che i figli ricoprono nella vita dei genitori, il valore che hanno come persone, esprimere solidarietà verso tutti i bambini senza famiglia e così ribadire il diritto universale di essere figli.
Non siamo qui per giudicare ma per riflettere insieme su scelte e percorsi di vita: questa è la strada migliore per capire il proprio percorso di uomo, di donna e, in particolar modo, di genitore.
La Cassazione ha chiaramente detto: «non è possibile esprimere preferenze per determinate caratteristiche genetiche». Rispetto e pari opportunità a tutte le persone.
Davanti alla scelta d'avere un figlio non si può di certo ricorrere a citazioni come de gustibus non est disputandum (non si possono giudicare i gusti) perchè stiamo parlando di esseri umani – i bambini - e di idee che entrano in contrasto con il desiderio autentico d'essere genitori.
Quando si parla di figli, scegliamo con il cuore. © ®

Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail dott.marcomura@gmail.com

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