Il
facilitatore nei gruppi © ®
Facilitare
significa rendere più agevole il percorso che ci condurrà alla
nostra meta.
La
figura del facilitatore trova alloggio nella pedagogia che da sempre
accompagna le persone nel proprio cammino, facilitando i soggetti nel
perseguimento degli obiettivi di crescita.
Il
facilitatore opera all'interno dei gruppi e si colloca in una
posizione di super partes con il compito di rendere più fluido,
sereno e costruttivo lo scambio dialettico tra i partecipanti.
Troviamo questa figura, oltre che nel campo educativo, anche in
quello manageriale. Sappiamo quanto sia difficile gestire la
comunicazione nei casi in cui gli interlocutori costituiscano un
gruppo ampio. Ognuno desidera parlare. Alcuni si impongono sugli
altri facendo ricorso ad un elevato volume della voce, con
l'aggressività verbale o monopolizzando il tempo a disposizione;
altri restano in disparte. C'è chi poi è costantemente orientato al
giudizio e chi chiude ogni spiraglio all'opinione altrui.
Il
facilitatore deve essere latore di benessere emotivo all'interno del
gruppo strutturato, garantendo un clima democratico e stabilendo
insieme ai componenti un codice normativo che tuteli i singoli e la
collettività. Agevolare lo scambio tra le parti significa creare
coesione e rispetto tra i singoli.
Qui
l'attenzione sarà incentrata sui compiti che questa figura
profesisonale ha nell'ambio socio-educativo.
Tanti
conoscono i gruppi di auto-mutuo aiuto destinati alle persone con
problemi di dipendenza, come ad esempio i
C.A.T, vale a dire i club di aiuto per per alcolisti.
I
gruppi di auto mutuo aiuto variano per tema accomunante. La forza
aggregante e il minimo comune denominatore è la ragione che spinge
le persone a reagire positivamente alle difficoltà che stanno
vivendo. Un percorso che parte dal vivere il disagio e prosegue con
l'affrontarlo in un ambiente protetto. Lottare con il gruppo, ecco la
forza di questa opportunità di crescita. Un cambiamento possibile
solo se si è motivati e se vengono rispettati i diritti di tutti i
partecipanti.
A
differenza di quanto si possa pensare, all'interno dei gruppi di auto
mutuo aiuto, ad esempio destinati a persone con dipendenza dalla
droga (o qualsiasi altra forma di dipendenza, come l'alcol, il sesso,
il gioco d'azzardo) non regna la monotonia tematica. Il disagio
colpisce la persona nel suo insieme andando ad intaccare il suo
mondo. Non troviamo dialoghi fatti solo di sofferenza. Durante gli
incontri i temi sono vari perchè varie sono le esperienze
individuali. Compito del facilitatore è proprio quello di giudare le
persone nel viaggio esperienziale condiviso. Il primo compito, quello
che getta le basi, consiste nel costituire un impianto normativo che
salvaguardi la salute del gruppo. All'interno delle riunioni – tra
le varie regole - non è consentito dare giudizi, monopolizzare il
discorso, obbligare un compagno a parlare e altre norme che il gruppo
dall'inizio e strada facendo riterrà utile inserire nel codice di
condotta.
Le
tecniche di facilitazione spaziano dall'impiego di frasi utili ad
incentivare lo scambio paritario, a gesti, silenzi, comunicazione non
verbale e tanti altri strumenti per rendere più semplice l'atto
comunicativo.
Esistono
gruppi di auto mutuo aiuto anche per i familiari di coloro che vivono
a contatto con persone, ad esempio, affette da patologie o cadute
nella rete della dipendenza. Anche in questi casi l'aggregante è il
terreno comune e a catalizzare le parti che compongono il gruppo deve
essere l'azione del facilitatore. Anche questo professionista deve
rispettare le norme del gruppo: tutti si muovono sopra un piano
orizzontale, nessuna gerarchia. Il facilitatore non si colloca nel
gruppo come operatore che deve fornire risposte e soluzioni; la sua
voce ha il suono di quella degli altri membri, ma non è chiamato a
raccontare i suoi vissuti in quanto riveste pur sempre un ruolo
professionale.
Col
tempo anche qualche persona interna al gruppo può diventare
facilitatore. Tavolta capita che un gruppo ben compatto possa trovare
al suo interno più persone che nel tempo si alternano nel ricoprire
questo compito. È necessario però essere formati per rivestire
questo ruolo in modo da garantire a se stessi e agli altri di operare
secondo metodi che rispettino la natura del gruppo.
Il circle
time invece è destinato sempre al gruppo ma avebnte finalità come
quelle della gestione delle emozioni: insomma un diverso modo di
chiamare il lavoro dell'auto mutuo aiuto e del gruppo strutturato.
Il
facilitatore lavora anche nei gruppi di discussioni. In questa realtà
gruppale non troviamo un disagio specifico come base di partenza,
bensì un tema di interesse comune. Bambini, adolescenti, adulti,
coppie sono guidati nel creare riflessioni su argomenti utili per la
crescita individuale e collettiva. Anche in questo caso il
professionista non appare in veste di relatore o di detentore del
sapere, ma conserva il compito di far scorrere la comunicazione
evitando l'innescarsi di improduttive dinamiche e mettendo l'accento
su situazioni e parole che contribuiscono positivamente alla crescita
dei singoli e del gruppo.
Esistono
varie declinazioni dell'azione faciltante nei piccoli, medi e grandi
gruppi. Un altro esempio utile è quello che vede questa proposta
all'interno del circuito didattico sottoforma di cooperative learnig,
l'apprendimento cooperativo in cui gli studenti imparano a
pianificare e gestire tempo e risorse didattiche collaborando per
ottenere il medesimo risultato.
Possiamo
concludere sostenedo che l'azione del facilitatore corrobora la tesi
contenuta nel motto "l'unione fa la forza".
© ®
Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore Professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail: dott.marcomura@gmail.com
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