L'adolescente:
era mio figlio
Guardare un figlio o una figlia e scoprire che
l'adolescenza è arrivata durante la notte, senza preavviso, così,
di soppiatto.
Scoprirsi adolescente, con un corpo che
testimonia il (grande) passo successivo all'infanzia, una proiezione
approssimativa della vita adulta, destabilizzante, scomoda,
desiderata da un lato e dall'altro con aspettative tradite.
Sino a ieri era il/la vostro/a bambino/a, oggi
non è più chi conoscevate e tutto questo nel giro di una notte!
Spesso ho sentito genitori che al primo incontro, fissato per
affrontare la nuova sfida educativa, parlavano di questa rapidissima
ed inaspettata metamorfosi che mutava il/la bambino/a in un/a
adolescente con caratteristiche non rintracciabili nella sua storia
familiare recente.
La realtà è che l'adolescenza arriva
inesorabilmente e che da tempo non costituisce una novità, tanto
meno una rarità. Una fase difficile per chi la vive direttamente e
indirettamente, in cui la difficoltà per il giovane consiste
nell'adattamento richiesto ai cambiamenti somatici, psichici e
socioculturali, per il genitore nel trovare nuovi strumenti per orientarsi nelle modalità relazionali ed educative. Non è una
malattia, anche se forse qualcuno vorrebbe lo fosse per poter
giustificare determinati atteggiamenti e magari fare ricorso a
qualche farmaco visto che oggi tante manifestazioni comportamentali
rischiando di essere affrontate farmacologicamente. Si tratta di un
passaggio molto importante per la vita del singolo e della famiglia.
La pedagogia in questo può fare tanto sostenendo la
costellazione familiare e non intervendo in sostituzione dei soggetti
coinvolti o escludendone alcuni, ritenendo che l'azione debba
svolgersi dall'alto e non in un'ottica orizzontale. Pensare
all'adolescenza deve coincidere con un lavoro educativo sulla
famiglia. Più avanza questa parentesi biografico-esperienziale e
maggiori diventano le preoccupazioni di madri e padri.
Dai mass media arrivano spesso sconvolgenti
scenari che ritraggono l'adolescente come un individuo caratterizzato
dalla pura trasgressione. Con un passo indietro però è possibile
pensare alla propria adolescenza, non per paragonarsi a quella
dei/lle propri/e figli/e, ma per ricordare quale fosse la definizione
e descrizione data della propria generazione e quali sensazioni
suscitasse ogni forma di etichettamento, generalizzazione e
soprattutto incomprensione.
L'adolescenza è differente per soggettività,
per famiglia di appartenenza e soprattutto per il tipo di società
che accoglie questa fase della crescita. L'attuale sistema
socioculturale ha fornito come culla il consumismo e l'immediato soddisfacimento. Il “tutto e subito” funziona come
tecnica commerciale che, attraverso il sistema rateale, consente di
entrare in possesso di un oggetto pur non avendo ancora terminato o
persino iniziato il pagamento. Nell'ambito delle vendite il percorso
che conduce all'acquisizione di un bene è stato rovesciato, ma
nell'ambito pedagogico questo iter a ritroso non deve
assolutamente trovare collocazione. Questo meccanismo è
assolutamente valido anche per quanto concerne la libertà. È
giusto, anzi doveroso, avere la possibilità di guadagnare la
fiducia, bene prezioso per chi la dona e per chi la ottiene, ma
sempre in un sistema di reciprocità che deve alimentarsi
costantemente.
Ma questo/a figlio/a si è veramente trasformato in sole ventiquattro ore? Ovviamente no. Non
possiamo ignorare il trascorrere del tempo e i piccoli segnali che
dovrebbero guidarci alla consapevolezza della progressiva crescita
dei figli.
Il genitore inizia a non essere richiesto come un tempo, è meno credibile, al contrario degli amici, le richieste sono
accolte con qualche resistenza in più, il divieto, che prima veniva
subito osservato, ora inizia ad essere messo in discussione, insieme a tanti
altri cambiamenti che poi, in piena adolescenza, daranno vita a
discussioni più accese.
Diffidate dai vademecum pedogogici e
psicologici che offrono protocolli applicativi per rispondere alle
esigenze che a livello statistico si presentano nell'adolescete tipo.
Ascoltate, osservate, dialogate e non abbiate paura di essere
genitori poco competenti se scegliete di parlare con un pedagogista
di dubbi e perplessità derivanti dai nuovi cambiamenti. Coltivate
quotidianamente il rapporto con i vostri figli e non scopritevi
genitori con l'insorgere dell'adolescenza, incarnado il ruolo
dell'autorità competente. L'adolescente ha memoria: ricorda chi
siete stati prima e chi siete ora; ha una visione molto critica
dell'operato di tutti gli adulti e, allo stesso tempo, è ipercritico
verso di sé, perchè talvolta non sa se si piaccia oppure no. I
punti fermi, infatti, non devono mai mancare. Non solo: serve anche
un luogo sicuro in cui poter tornare. La famiglia deve rappresentare
un porto in cui fare ritorno, in particolar modo quando il mare è
agitato e burrascoso. La sicurezza deve albergare anche nei
confronti, per quanto accesi siano. Meglio incontri simili a quelli
del pugilato, che scontri dove manca del tutto la lealtà. Era ed è
vostro/a figlio/a e non si è perso/a; semplicemente sta crescendo e
come spesso accade i cambiamenti chiedono di attingere dal proprio
spirito di adattamento. Servono energie, tempo, disponibilità ad
ascoltare e sperimentare, libertà di espressione del proprio sé,
opinioni e confronti e mai dovranno mancare i limiti. I paletti che
segnano i confini però devono essere sempre costruiti con materiali
elastici in modo che su di essi possa essere esercitata e sfogata la
forza adolescenziale che mira all'indipendenza e alle spinte verso
l'adultità.
L'adolescenza non è brutta come la si dipinge
e per gli adolescenti anche i genitori, in fondo, non sono poi così
male. © ®
Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore Professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail: dott.marcomura@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento