Disabilità
alla nascita
La vita non può essere programmata, studiata
nei dettagli in modo da soddisfare tempi e richieste. Si sviluppa in
base alle nostre azioni, ma anche attraverso aspetti che l'essere
umano non può controllare.
Pensare ad un/una figlio/a, proiettandolo/a nel
futuro, nel quasi presente, con le nostre – e sottolineo nostre –
aspettative, non è corretto, può produrre delusioni, causare
frustrazione, ma si sa è un modo naturale di vivere questo lieto
evento.
Non è mia intenzione discutere in merito
dell'interruzione della gravidanza: desidero solo riflettere su ciò
che comporta l'incontro alla nascita con disagi psicofisici a cui
quasi mai si è preparati.
Il neonato perfetto, sognato, progettato a
livello mentale, trasferito nel grembo materno più con la forza del
pensiero carico d'amore che per via biologica, tradisce il sogno dei
genitori e appare diverso dal progetto idealizzato. L'immaginazione
umana ha i suoi limiti: è infatti da questi confini che bisogna
partire per ripensare il desiderio di maternità e paternità.
La notizia che il/la vostro/a bambino/a avrà
un'esistenza più difficile rispetto ai bambini che nascono senza
difficoltà specifiche, di norma, getta la coppia nello sconforto,
talvolta al punto da incrinare il rapporto tra i partner.
Sono fermamente convinto che la decisione di
portare o meno a termine una gravidanza si possa annoverare tra le
decisioni più difficili che un singolo o una coppia sia chiamata a
prendere. A farne maggiormente le spese è la donna che viene da
subito investita di un compito grandissimo e complesso. Credo sia
sempre indicato che la decisione riguardo la scelta di metter al
mondo un/a bambino/a con disabilità venga presa da entrambi i
genitori. Non si tratta di una scelta facile. Contrariamente a quanto
gli antiabortisiti pensano, chi sceglie di interrompere la gravidanza
non lo fa a cuor leggero; così come chi, al contrario, opta per il
parto arriva a questa scelta con interrogativi e paure. Da un lato
quindi non ci sono mostri e dall'altro non troviamo persone impavide
e super preparate alle diverse difficoltà.
Nel mio lavoro ho potuto appurare che chi non
conosce direttamente o indirettamente persone con difficoltà
psicofisiche ha una visione distorta di giovani e adulti che non
fanno parte dei cosiddetti “normali”. Pare dunque che a
determinare le reazioni degli altri sia sempre l'ignoranza, intesa
semplicemente come non conoscenza. Spontaneamente suggerisco allora
di adottare questa filosofia di vita “imparo a conoscerti, quindi
ti capisco”, abbandonando così la più utilizzata “non ti
conosco, non ti capisco e quindi ti evito”. La conoscenza si pone
come condizione necessaria per scegliere con maggiore responsabilità.
Ma è incontrando la diversità altrui che possiamo capire il
disagio? La mia risposta è un sì parziale, in quanto solo
conoscendo noi stessi in relazione alle differenze altrui possiamo
capire e soprattutto capirci.
Prima di diventare genitori si dovrebbe
raggiungere maturità decisionale, consapevolezza della propria
individualità e della coppia. Ho iniziato puntando l'attenzione
sull'elaborazione mentale del/la figlio/a proprio perchè le
aspettative per non essere disattese devono essere formulate
correttamente, ossia tener conto dell'unicità della persona che
verrà al mondo e di tutte le variabili che nessuno può prevedere e
controllare.
Pertanto ritengo utile, se non fondamentale,
confrontarsi con chi ha sperimentato maternità e paternità, nonché
con chi ha scelto di interrompere la gravidanza davanti ad una
diagnosi di disabilità. Quali sentimenti hanno invaso mente e cuore
altrui per cercare somiglianze e differenze, quali e quante sono
state le ripercussioni sulla vita del singolo e della coppia, sono
alcuni aspetti che potrebbero guidare le persone in un parto prima
mentale e poi fisico.
Non esistono regole a cui attenersi quando si
decide di metter al mondo un/a bambino/a con disabilità; ci sono
però aspetti che è bene conoscere in merito al tipo di patologia e
gli aiuti a livello normativo, educativo, medico e assistenziale a
cui si può fare capo.
È mia certezza però che tali informazioni
debbano essere in possesso di tutti coloro che intendono diventare
genitori, dal momento che la disabilità può presentarsi sia prima
che dopo la nascita. Da un lato abbiamo patologie di tipo cromosomico
che sono individuabili durante il periodo della gravidanza;
dall'altro patologie che possono manifestarsi durante le fasi del
parto o essere diagnosticabili in un secondo momento. Ecco perchè
conoscere ciò che ruota intorno alle emozioni, alle possibilità e
alle difficoltà di chi ha un/a figlio/a con disabilità sono
necessarie. Chi affronta la gravidanza con la consapevolezza di un
neonato che verrà al mondo con determinate difficoltà presenterà
uno stato emotivo più accogliente e disteso di chi invece ha vissuto
la maternità/paternità senza interrogarsi su un questa eventualità.
La disabilità può colpire e colpirci ad ogni
età. Scegliere è possibile sino a un certo punto perchè, come è
noto incidenti e patologie invalidanti (a livello fisico, psichico e
sensoriale) possono presentarsi durante l'arco di tutta la nostra
esistenza. Ci sono cause rintracciabili nel periodo prenatale,
perinatale e postnatale. Ecco dunque che l'argomento non può
escludere nessuno dalla riflessione sulla genitorialità, disabilità
e società.
Interessarsi a questo tema è importante per la
crescita individuale e collettiva. Anche chi non dovrà rapportarsi
in maniera diretta con questo tipo di difficoltà, avrà però modo
di sperimentarsi o far esperire al/alla proprio/a figlio/a la
convivenza con minori e adulti in stato di necessità. All'interno
della propria famiglia, nel condominio, a scuola, a lavoro, al parco,
in piscina, al super mercato: questi e infiniti luoghi offriranno
momenti di confronto. Genitori in-formati garantiranno così maggiori
possibilità di inclusione, comprensione a tutto tondo dell'altro,
lontani da stereotipi e costumi mentali nocivi ed improduttivi.
Dovrebbe far parte della cultura di base la
conoscenza dei servizi e delle opportunità garantite dallo Stato
italiano a chi vive il disagio psicofisico.
Fortunatamente oggi esistono tanti
professionisti che possono offrire supporto a genitori e figli, oltre
ad associazioni onlus specifiche per patologia.
Veniamo
alla normativa. In Italia abbiamo la Legge n° 104/92 “per
l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate” (leggi il testo www.handylex.org/stato/l050292.shtml);
la legge n° 162/98 (www.handylex.org/stato/l210598.shtml)
la quale si traduce in Progetti Educativi e/o Assistenziali (per
ulteriori informazioni vedi www.legge162.jimdo.com).
Se
un minore o un adulto presenta una percentuale di invalidità
(indicata nel verbale dell'accertamento dello stato di disabilità)
vicino o pari al 100% è possibile presentare domanda per ottenere un
sussidio, vale a dire l'accompagnamento (nel verbale risulterà la
dicitura “100%
di inabilità lavorativa con necessità di assistenza continua, non
essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”).
Per i minori che beneficiano dell'accompagnamento non è però
possibile usufruire dell'indennità di frequenza (in questo caso nel
verbale troverete la dicitura “Minore
con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della
propria età”).
Siamo nell'ambito dell'invalidità civile. Per un approfondimento si
consiglia la letture delle FAQ su
www.dirittierisposte.it/Schede/Persone/Salute/invalidita_civile_id1128399_art.aspx.
Dalla burocrazia poi si passerà al percorso
educativo e al sostegno ai genitori per garantire una crescita
armoniosa che sfrutti al massimo il potenziale del singolo e della
famiglia.
Per
conoscere le finalità dei Progetti Educativi ai sensi della L.162/98
vedi www.legge162.jimdo.com/progetti-educativi
(su Facebook www.facebook.com/Legge162). © ®
Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore Professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail: dott.marcomura@gmail.com
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