La
Pedagogia dei simili
Nasciamo diversi e lo diventiamo ancora di più
se la nostra vita è vissuta nel rispetto della libera espressione
del nostro sé.
Nell'ambito accademico si parla di Pedagogia Speciale: ma dove risiede questa qualità?
Il termine “speciale” trova collocazione nelle difficoltà certificate, nella diversità spesso scambiata per inferiorità, scarso valore, non-persona.Olimpiadi speciali, pedagogia speciale, un/a ragazzo/a speciale...
Nell'ambito accademico si parla di Pedagogia Speciale: ma dove risiede questa qualità?
Il termine “speciale” trova collocazione nelle difficoltà certificate, nella diversità spesso scambiata per inferiorità, scarso valore, non-persona.Olimpiadi speciali, pedagogia speciale, un/a ragazzo/a speciale...
Le parole sono fondamentali per la
rappresentazione del mondo esteriore ed interiore. Più che batterci
per l'abolizione di vocaboli sgraditi all'orecchio e al cuore –
senza sottovalutare l'oltraggio intellettuale e culturale che alcuni
lemmi portano con sé – si dovrebbe pensare alla rapprensetazione
mentale che ne consegue mediante l'uso di determinate
parole/concetto.
Partendo dal presupposto che non siamo nati
grazie a tecnologie industriali che ci rendono identici al nostro
prossimo e che ognuno di noi possiede svariate singolarità, non ci
resta che ammettere che la diversità è una
condizione congenita dell'essere umano. Meglio concentrarsi sui
comuni denomintaori e così parlare di una Pedagogia dei Simili,
tenendo sempre presente che in ogni percorso di conoscenza emergono
elementi che guidano diversamente gli interventi educativi, per
obiettivi, tempi, approcci e modalità.
Non scrivo questo per nascondermi dietro a un
dito, in quanto come professionista conosco bene la differenza tra il
vivere una vita camminando in pianura e una strada caratterizzata da
grandi salite e sbarramenti.
“Specialità” fa copia con la salute fisica, psichica e sensoriale.
“Specialità” fa copia con la salute fisica, psichica e sensoriale.
Lasciatemi dire che la Pedagogia è di tutti e
per tutti. La specialità di cui è stata dotata non le conferisce un
valore aggiunto. Mi sembra scontato che in situazioni dove le
richieste di guida sono maggiori e il potenziale di partenza di
accesso più complesso si lavori sulla ricerca di nuove strategie e
più evoluti percorsi di intervento. Ma non è forse un pensare/fare
comune a tutti i progetti educativi?
Chi non padroneggia ancora la lingua del Paese
in cui vive ovviamente vivrà con maggiori difficoltà le richieste
fatte in ambito didattico; chi presenta difficoltà fisiche, come un'emiparesi, dovrà trovare tecniche alternative per raggiungere un
determinato obiettivo. Solo nel secondo esempio si parla di specialità e diversabilità.
La specialità o se preferite la diversità
consiste nel differente modo di interpretare la vita e conquistare le
mete che garantiscono l'obiettivo comune a tutto il genere umano: il
benessere psicofisico.
Nei progetti educativi ho sempre trovato validi
concetti e approcci che sulla carta di norma vengono destinati a
“categorie speciali”. Ad esempio nei bambini o adolescenti con
disagio scolastico legato a scarso interesse, disturbi della condotta
(non in senso stretto) ho impiegato spesso approcci che fanno capo ai
disturbi specifici dell'apprendimento (DSA); nei percorsi educativi
in favore di preadolescenti strategie e obiettivi inseguiti
nell'ambito della disabilità per la gestione e la cura dello spazio
di vita.
Consentitemi poi di riflettere su pubblicazioni
che trattano i progetti educativi e riabilitativi delle persone con
una particolare condizione psicofisica. Per quanto ogni patologia
abbia delle peculiarità, per base genetica - o altro - e relative
possibili ripercussioni sul quotidiano, non pensate anche Voi che gli
obiettivi siano comuni a tutte le altre persone che intraprendono un
percorso di crescita e di vita indipendente?
È vero che in specifici quadri clinici ci sono
tecniche più efficaci di altre, ma sempre a seconda della persona
con cui (e non su cui) si lavora. Ma è altrettanto vero che modalità
di intervento studiate ad hoc per una particolare condizione
psicofisica si rivelano valide per tante persone e quindi siano
generalizzabili e non così speciali.
Dario Ianes in un suo testo parla di Speciale
Normalità, una sorta di “sintesi tra normalità e specialità”.
Ianes mostra come nella costruzione di un percorso di crescita i
Bisogni Educativi Speciali (BES) incontrino entrambe le nature: normalità e specialità. (Normalità, un'altra parola/concetto di difficle definizione e dubbio valore). Egli parla della normalità del bisogno
(obiettivo di crescita ampio) e della specialità nell'accezione di
una condizione psicofisica o culturale che amplifica la richiesta di
aiuto. Una commistione di termini per mostrare che in un iter
educativo e/o didattico l'obiettivo comune e l'approccio possono
trovare richieste che necessitano di maggiore riflessione,
programmazione ed accuratezza nell'intervento. Una singolarità che
nei gruppi può far capo a qualsiasi situazione di difficoltà,
permanente o transitoria, individuale e non.
Qualcuno potrebbe dire che è sempre più
difficile attenersi al politicamente corretto: invece io sostengo che
è sempre più complesso e complicato far capire alle persone che di
esseri umani il mondo è pieno e che sono tutti speciali, perchè
unici ed irripetibili. © ®
Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore Professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail: dott.marcomura@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento