A scuola di diversità
- “Mi sembri diverso dagli altri...”
- “Perchè, come sono?”
- “Non so... diverso, diverso e basta”
- “... A questo punto non saprei neanch'io cosa dire in merito”
Un dialogo possibile tra la Norma e la Diversità, uno dei tanti a cui si potrebbe aggiungere quello tra genitore e figlio:
- “Perchè non sei come tuo fratello?”
- “Non lo so!”
- “Perchè non sei come gli altri?”
- “Non lo so!”
L'unicità
delle persone, delle proprie situazioni, in definitiva della
personale biografia rientra tra quei concetti difficili da
comprendere e allora, per timore di trovarsi davanti ad una novità,
ad un soggetto differente dagli altri, si corre ai ripari cercando di
condurre la persona ad interrograrsi su questa distanza tra il
proprio essere-nel-mondo e la natura - indefinita perchè la
normalità non ha una vera e propria definizione - che richiama gli
altri, la loro natura appunto normale.
Normale,
termine che dice poco e niente sul proprio benessere, sulla
giusitizia, sull'intima realtà umana. Nonostante la nebulosità
insita nel termine, il richiamo alla dimensione del normale è
costante. Sarebbe bene abbandonare questo vocabolo e imparare a
riferirci all'individuo in termini di singolarità, peculiarità,
qualità, difetti, modalità di relazione con il proprio sé, gli
altri, il mondo e così via discorrendo. Se per essere considerati
normali il prezzo da pagare è quello di conformarsi alla massa,
allora è meglio continuare a fare parte delle rarità o, ancora
meglio, delle unicità.
Diversità
spesso fa rima con inferiorità, non perchè vi sia un nesso logico,
una conseguenza obbligata ma perchè la società spesso si muove
senza maturità e consapevolezza. Da un luogo comune, così, si
costruisce una teoria che viene spacciata per scientifica. “Chi non
presenta caratteristiche uguali o simili al resto del gruppo è da
considerarsi diverso, in altri termini inferiore”. È quanto accade,
ad esempio, all'interno dei gruppi dei pari (in altri termini dei
coetanei) ed è da simili considerazioni prive di senso compiuto che
si originano fenomeni come quello del bullismo.
“Diverso”
fa rima anche con la sessualità e la troppo estesa omofobia. L'altra
assonanza invece la ritroviamo nell'ambito della disabilità.
Sprechiamo tempo e parole ad inseguire la terminologia corretta per
riferirci ad una persona che presenta un quadro medico che ha
limitato la funzionalità di qualche parte del corpo, dimenticandoci
che tutti abbiamo un nome e un cognome e che quando si parla di
situazioni individuali è a quei nomi che dobbiamo riferirci. Sui
manuali l'approccio è sterile, ma non per questo deve essere privo
di sensibilità. In merito a questo infatti la scrittura si è
evoluta. Rimane però da limare la comunicazione diretta, il rapporto
con l'altro.
Ricordate
le classi differenziali della scuola italiana? I diversi, ossia chi
non rientrava in certi standard, venivano inseriti in una classe
apposita. Alcuni anni fa (non troppi) un politico della Lega Nord,
Pietro Fontanini, chiese di introdurre nuovamente le aule destinate a
chi – questa era la giustificazione del leghista – rendeva
difficile lo svolgimento delle lezioni, a causa di uno stato di
disabilità certificata. Siamo in un presente che davanti agli anni
trascorsi, tra questa soluzione e un'altra triste realtà come quella
dei manicomi, dovrebbe collocarsi sotto la voce “futuro”, inteso
come progresso, ma, come possiamo appurare, gli stigmi, l'ignoranza e
la chiusura verso l'essere umano ci riportano ad un terrificante
passato. Anche se solo un individuo esce dal coro degli illuminati
dobbiamo preoccuparci. Sempre.
Come
professionista cerco sempre di creare cultura pedagogica, riflessioni
sul mondo e spiego il senso del mio lavoro, in quanto chi si
rivolge alla mia professione non è da considerarsi persona
inferiore. Una relazione d'aiuto è sempre e comunque un'occasione di
crescita e lo è per tutti.
Abbiamo
bisogno di concepire il mondo come vario: senza questo presuspposto
la nostra vita non sarebbe bella.
Andiamo
tutti a scuola di diversità, imparando a conoscere tutte le realtà
(personali, culturali) come differenti e non inferiori, perchè è nella diversità che si cela la ricchezza. Diamo
l'opportunità all'incontro con l'altro di regalarci la propria
individualità e ricambiamo con la stessa generosità affinchè non ci
sia alcun timore nel dichiarare al mondo chi siamo veramente. Essere
se stessi sempre e comunque, nel rispetto della propria ed altrui
persona: ecco la terapia per un mondo senza pregiudizi.© ®
Dott. Marco Mura
Pedagogista, Educatore Professionale
Specialista in Pedagogia Clinica
e-mail: dott.marcomura@gmail.com
www.crescereeducati.blogspot.com
http://pedagogiaoggi.jimdo.com
Nessun commento:
Posta un commento